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    Behind the scenes: Filippo Zanier

    Maranello 07 maggio 2020

    Il Ferrari Challenge Asia Pacific festeggia quest’anno il suo decennale, forte di numeri e indici di gradimento in costante crescita. Una serie che abbraccia numerosi paesi orientali e che, quest’anno, ha avuto il piacere di portare al debutto agonistico la nuova 488 Challenge Evo in occasione del primo round stagionale, disputato sul circuito del Bahrain. Ne discutiamo con Filippo Zanier, Head of Corse Clienti Asia Pacific, chiamato a gestire l’attività sportiva a ruote coperte del brand nella regione Asia Pacific. Da oltre sedici anni Filippo frequenta i paddock di tutto il mondo, trovando così modo di assecondare la sua grande passione per il motorsport.

    D: Nel tuo passato hai ricoperto ruoli di comunicazione. Quanto ti è utile questa esperienza nel tuo attuale ruolo?

    R: “Un buon giornalista che voglia smarcarsi dalla folla deve trovare chiavi di lettura non banali dell’attualità. Mi piace pensare che la mia esperienza nel settore mi abbia dato questa attitudine a non accontentarsi mai della prima risposta ma di analizzare dati e tendenze più in profondità. Al di là di questo, si tratta di un’esperienza senza dubbio utile per relazionarsi con i media che seguono le nostre attività e con i colleghi dei dipartimenti comunicazione e marketing per trovare insieme nuove iniziative che garantiscano l’impatto mediatico desiderato”.

    D: Il campionato Asia Pacific è stato il primo a portare al debutto la 488 Challenge Evo: quali sono stati i feedback che avete raccolto dai clienti?

    R: “Il Bahrain non è probabilmente la pista più indicata per valutare la nuova vettura, perché lo strato di sabbia che si deposita ogni sera sulla pista portato dal vento ha un effetto importante sul livello di aderenza globale e sul consumo degli pneumatici. Nonostante questo, la 488 Challenge Evo ha incontrato il favore dei clienti. Lo spostamento del bilanciamento verso l’anteriore, per avere più aggressività in ingresso curva, è stato notato da tutti ed era uno degli obiettivi che il team tecnico aveva messo nel mirino e, evidentemente, centrato in pieno. Anche le nuove gomme Pirelli hanno confermato un performance superiore nella seconda parte di gara come ci aspettavamo. Siamo comunque solo all’inizio della scoperta della 488 Challenge Evo da parte dei clienti, la nuova aerodinamica permette regolazioni molto più ampie rispetto alla 488 Challenge “standard”, per cui ci aspettiamo che i clienti trovino sempre più feeling man mano che arriveranno a cucirsi addosso l’assetto della vettura”.

    D: Quali sono le differenze tra il Challenge APAC e gli altri monomarca del Cavallino Rampante?

    R: “A differenza di Challenge Europe e North America, e anche di molti altri campionati che ho avuto modo di frequentare, il Challenge APAC si svolge in regime di monogestione. Questo significa che piuttosto che avere diversi team in pista a gestire le vetture dei partecipanti, c’è un solo team tecnico che si prende cura delle vetture di tutti i clienti iscritti al campionato. Si tratta di uno sforzo logistico importante, per il quale spostiamo dall’Italia tra i 30 e i 40 meccanici ad ogni gara, accompagnati da 6 ingegneri. Tutti sono scelti tra i migliori professionisti del Challenge e del GT3, per garantire un servizio di primissimo livello.

    Per il cliente è la garanzia assoluta che il livello di preparazione delle 488 Challenge Evo è lo stesso per tutti, che nessuno può avere un vantaggio tecnico e che sarà il pilota a fare la differenza. Un tale dispiegamento di forze ci permette anche di intervenire rapidamente quando, nell’evento raro in cui un contatto in pista faccia danni considerevoli, c’è bisogno di riparare una vettura perché possa prendere parte alla sessione successiva. Negli anni abbiamo visto veri e propri miracoli, clienti che consideravano il loro weekend finito e che si sono visti consegnare una vettura in piena efficienza solo qualche ora dopo l’incidente. Per quanto fortunatamente rari, sono momenti che fidelizzano ancora di più il cliente al campionato e che ci rendono fieri della qualità del servizio fornito”.

    D: Cosa rende il Challenge Apac diverso da tutti i campionati che hai avuto modo di frequentare?

    R: “Senza dubbio l’atmosfera nel paddock, praticamente priva di rivalità. Per quanto possano lottare duramente in pista, quando tolgono casco e balaclava i piloti APAC si lasciano tutto alle spalle. Credo che sia uno degli effetti della mono-gestione a cui abbiamo già accennato, che non si limita in effetti agli aspetti tecnici. Tutto il nostro modello si basa infatti sulla condivisione di esperienze speciali: dal soggiorno in Hotel 5 stelle alle cene in ristoranti di pregio, al servizio di trasporto dall’hotel al circuito, anche questo organizzato da noi, allo spazio hospitality in pista che è allestito secondo i più alti standard.

    Il risultato è doppio: da un lato, grazie a un servizio particolarmente attento il pilota non deve preoccuparsi di niente ed è nel migliore stato d’animo per approfittare dell’esperienza, dall’altro ha molteplici occasioni per passare del tempo con i propri colleghi/rivali. Ne nascono amicizie durature e, talvolta, anche partnership negli affari. Nel complesso, questo ne fa probabilmente il paddock più piacevole che io ricordi di aver frequentato”.

    D: Il campionato quest’anno, almeno nella sua configurazione originale, offriva tracciati di assoluto interesse. Qual è il criterio che porta alla loro definizione?

    R: “Quando creiamo un calendario gli elementi che dobbiamo tenere in considerazione sono molteplici. Ovviamente la priorità assoluta è di scegliere i circuiti dove i nostri piloti amano correre,  piste con una tradizione importante, quasi sempre attualmente incluse nel calendario F1, e in generale tracciati che offrano una sfida interessante dal punto di vista del pilotaggio. Cerchiamo di inserire una novità ogni anno, come fatto nel 2020 con il Bahrain, debutto assoluto per l’APAC. Ovviamente sulle scelte impattano le date disponibili sui vari circuiti, la volontà di evitare concomitanze con altri eventi Ferrari o con grandi eventi a cui i nostri clienti potrebbero voler partecipare. L’importante è che il risultato finale sia il giusto mix di prestigio, varietà, e tradizione.

    Da anni abbiamo come appuntamento fisso il GP Singapore, a tutti gli effetti la Monaco dell’Asia, dove siamo di supporto alla F.1. Si tratta di un evento speciale, che permette ai piloti di vivere l’atmosfera del Circus e di incontrare i piloti della Scuderia, un privilegio unico. E poi non dimentichiamo le Finali Mondiali, eventi dove grazie a un dispiego di mezzi impressionante, Ferrari mette in campo tutto il peso della sua storia, della tradizione, dei titoli conquistati un tutte le categorie da un decennio all’altro, delle vetture che hanno lasciato un segno indelebile nel nostro sport. Le Finali 2019 al Mugello sono state le mie prime vissute dall’interno e devo ammettere che non avevo mai visto niente del genere, le proporzioni della macchina organizzativa e dello spettacolo messo in piedi non hanno paragoni. E’ stato forse il momento in cui mi sono reso veramente conto di cosa vuol dire ‘EssereFerrari’ ”.

    D: Qual è stata la sfida più grande che hai dovuto vincere in questo ruolo?

    R: “La gara di quest’anno in Bahrain a inizio marzo è stata probabilmente una delle sfide più difficili che mi sia mai trovato ad affrontare. Gli effetti del Covid-19 al di fuori della Cina hanno iniziato a mostrarsi nella settimana precedente all’evento, e per proteggersi dalla possibilità di importare casi dall’Iran, Bahrain e Dubai hanno quasi chiuso i confini e ridotto al minimo i voli in entrata.

    Abbiamo immediatamente preso contatto con le autorità locali che ci hanno confermato un numero estremamente ridotto dei casi nel Paese. A seguito di questi contatti abbiamo deciso di comune accordo con le autorità e con il Bahrain International Circuit che c’erano le condizioni per portare avanti l’evento in sicurezza, a patto di a patto di implementare  misure aggiuntive che avrebbero dovuto includere un test tampone a tutti partecipanti all’evento (staff, piloti ed ospiti) da effettuarsi in una zona di quarantena dedicata subito dopo l’atterraggio. Allo stesso tempo, deroghe speciali avrebbero permesso a staff e clienti di imbarcarsi sui voli ancora disponibili per raggiungere il Paese. Grazie al coordinamento tra la nostra organizzazione in loco ed a Maranello, i Ministeri della Salute e dell’Immigrazione del Bahrain, al lavoro dello staff del Bahrain International Circuit, siamo riusciti a garantire le condizioni di sicurezza necessarie perché l’evento potesse svolgersi come previsto, con grande soddisfazione dei clienti. Colgo quest’occasione per ringraziare il CEO del circuito, lo Sceicco Salman bin Isa Al Khalifa, e tutto il suo staff per il supporto che ci hanno mostrato in questo frangente.

    Più in generale, nel mio ruolo la sfida è continua. Mantenere l’eccellenza del servizio che vogliamo garantire alla clientela significa applicare questa eccellenza ad ogni settore della gestione della nostra attività, e mettersi continuamente in discussione. Relativamente al ruolo, per i nostri dipartimenti Corse Clienti e Competizioni GT la regione Asia Pacifico va dal Medio Oriente alla Nuova Zelanda passando ovviamente per tutta l’Asia. Si tratta di una varietà di Paesi e culture impressionante, che richiede un certo grado di apertura mentale per rispondere al meglio alle attese dei nostri piloti. È una sfida, ma è anche uno degli aspetti che rendono questo ruolo estremamente stimolante”.

    D: Quali sono state le emozioni provate al via della tua prima corsa in questo ruolo?

    R: “Ho la fortuna di fare un lavoro che, dopo 16 anni, mi appassiona ancora profondamente e per quanto mi riguarda niente batte il momento in cui, dopo un lavoro di preparazione durato mesi, si arriva in pista per la gara della stagione. Il momento in cui le vetture aspettano in fila l’apertura della pit-lane per la prima sessione di prove libere è magico: i piloti hanno aspettato mesi per risalire in macchina, nei loro gesti e nei loro occhi si legge la voglia e la tensione per un rientro in pista tanto atteso dopo la pausa invernale. Quando il semaforo della corsia box passa al verde e le macchine scattano in avanti, i motori finalmente liberi di urlare, è un vero e proprio momento di gioia collettiva che non mi lascia mai insensibile”.

    D: Il successo della serie APAC è dovuto anche grazie alle persone e agli sponsor che lo supportano. Come si gestisce un gruppo di questo tipo?

    R: “Senza il supporto di sponsor, partner e fornitori niente sarebbe possibile. La macchina organizzativa del Challenge APAC comprende all’incirca 100 persone con le provenienze più svariate, dall’Italia alla Francia, passando per Cina, Giappone, Malesia, Hong Kong e Singapore. Il sistema può funzionare solo se tutti sono perfettamente coscienti del loro ruolo e pronti al gioco di squadra, e questo è possibile solo se c’è stabilità nell’organizzazione. Per questo mettiamo grande attenzione nel rapporto con i nostri partner nella regione, che sono gli stessi da anni. Questo permette di avere squadre affiatate che si capiscono con uno sguardo con chiari benefici sulla qualità del servizio finale.

    Dal punto di vista degli sponsor, oltre ai brand che supportano il Challenge a livello globale, abbiamo l’appoggio di due sponsor regionali, Ohno Associates e EstatePlan, con i quali organizziamo attività in occasione dei nostri weekend di gara. Oltre al supporto, ci danno la possibilità di far conoscere il Challenge a persone non necessariamente appassionate di motorsport”.

    D: La pandemia ha avuto un impatto molto forte sulla regione e sul calendario. Come ti immagini la ripartenza?

    R: “Come avete detto in precedenza, il Challenge APAC aveva un calendario estremamente prestigioso per il 2020, probabilmente il migliore degli ultimi anni, ma la pandemia ci ha costretto a cambiare i nostri piani. In questo momento sembra che in Asia la situazione stia gradualmente tornando sotto controllo, ma è difficile prevedere quando si potrà tornare a correre. In questo momento la maggior parte dei Paesi che potrebbero ospitare uno dei nostri appuntamenti hanno in vigore un blocco totale dell’immigrazione, e quelle poche nazioni che permettono l’ingresso lo fanno solo a seguito di una quarantena di due settimane. È chiaro che in una situazione del genere non ci sono le condizioni per organizzare un evento, senza dimenticare che la priorità resta la sicurezza di tutti gli individui coinvolti, dai clienti al nostro staff e a quello dei fornitori.

    Restiamo quindi in contatto con le autorità dei Paesi coinvolti per avere informazioni aggiornate sull’evoluzione dei contagi e sulle date di ripresa delle attività commerciali e di ripristino della libertà di movimento. In questo momento teniamo soprattutto al fatto che tutte le persone coinvolte nelle nostra attività siano al sicuro insieme alle loro famiglie. Possono contare sul nostro massimo impegno per essere di nuovo in pista non appena le condizioni lo permetteranno”.